Parte 1 – Introduzione
Una settimana fa sono tornato dalla Repubblica Ceca, dove ho partecipato all’Eduk8 Forward, uno degli eventi di Erasmus Student Network (ESN) più lunghi a cui abbia partecipato: dura 8 giorni ed è l’ultima parte del percorso di formazione per diventare trainer all’interno dell’associazione. Il Forward è un evento che mette al centro la crescita e lo sviluppo personale e ti permette di riflettere sul percorso che hai fatto, che stai facendo e che farai, dentro e fuori l’associazione.
Una delle cose che ho capito negli ultimi anni, grazie al privilegio di aver vissuto l’associazione dal punto di vista unico del consiglio direttivo nazionale, è che i volontari di questa associazione sono agenti di cambiamento e hanno la capacità di incidere in modo significativo sulle vite degli altri.
A partire dai futuri studenti Erasmus, in arrivo o in partenza, che sono chiaramente le persone con cui direttamente ci interfacciamo e che vedono la propria vita cambiare grazie a un’esperienza che ha potenzialità infinite ma che soprattutto all’inizio e alla fine della stessa può essere vissuta in modo negativo e scoraggiante.
I volontari di ESN sono spesso gli unici a capire quanto non sia facile catapultarsi in uno scenario totalmente nuovo, rinunciando alla “comfort zone”, per conoscere una nuova cultura, un nuovo modo di vivere l’università e dover allo stesso tempo convivere con paure basilari come quella di non riuscire a farsi degli amici, a comunicare, oppure di non farcela a fare gli esami.
Chi fa parte di ESN comprende anche come non sia facile ritornare in un contesto dove si pensa di essere proprio agio per poi scoprire che, in pochi mesi, si è totalmente cambiati e che la realtà a cui si era abituati prima dell’Erasmus sia diventata di colpo un po’ stretta.
Tuttavia, ESN non si limita a questo, fare parte di questa associazione mi ha anche insegnato che la cosiddetta “Erasmus Generation” non è una generazione passiva e che coloro che hanno avuto la fortuna (o il privilegio) di diventarne parte hanno anche il dovere morale di contribuire al cambiamento positivo della propria comunità e, più in grande, della società intera.
Ho deciso di raccontare la mia storia perché, proprio grazie a ESN, sono dell’idea che le storie abbiano un potere trasformativo e possano aiutare gli altri a dare un nuovo senso ad alcune esperienze, a risvegliare motivazioni sopite e magari a creare nuovi motivi e spinte per contribuire alla comunità.
Ho deciso di farlo prima di tutto per me, perché credo sia un modo di contribuire al cambiamento raccontando quella che è, prima di tutto, una storia positiva di crescita, di volontariato e di servizio verso il prossimo in un periodo in cui molti mettono al primo posto se stessi.
Ho deciso di raccontarla sperando che possa rispondere a una delle domande che ho ricevuto e che mi sono posto più spesso negli ultimi anni.
Perché lo fai?